martedì 4 maggio 2010

A quale prezzo?








Pare proprio che tutto giri attorno al grano. Dico del grano che custodiamo nelle banche o sotto il materasso (e forse la seconda ipotesi, date le circostanze, potrebbe risultare più sicura e meno anacronistica di quanto possa sembrare). Tutti guardano bene di allargare borse e bisacce, arraffando a man bassa il più che possono senza arrossirne. Tutto si compra perché tutto si vende. La vita è un enorme ipermercato, aperto il sabato la domenica e festivi. E avanti così, con questa alienante girandola di belle balle calcistiche e pseudo-politiche che tutto sommergono, allegri e ottimisti come ci vuole l’orchestrina sul Titanic che affonda.
Il colmo è che persino una catastrofe come quella che accade in queste ore al largo delle coste meridionali degli Stati Uniti, dove – sono stime piuttosto prudenti – si sta riversando in mare una cosuccia come 750mila litri di greggio al giorno… persino questo genere di sciagure bibliche – venivamo a sapere – “verranno ripagate”: la società petrolifera BP si accollerà i presunti costi del disastro. Abbiamo le lacrime agli occhi al cospetto di tanta generosità. E comunque staremo a vedere.

Intanto vorremmo chiedere, se lo potessimo: cari signori, quanto vi pare che possa costare il Pianeta? Siete davvero sicuri che basti il vostro capitale a ristabilirne la salute compromessa? Poiché il messaggio che passa anche stavolta sui tele-giornaletti di questa italietta berlusconiana, quello che forse (dico forse) cogliamo mentre ingurgitiamo cibo distratti da mille altre false notizie e notiziuole, è che potrà succedere l’irreparabile, ma persino a quello l’onnipotenza del denaro può porre rimedio.
Così, per ridare una lustratina al Golfo del Messico occorreranno tra i 100 e i 150 miliardi di dollari: questa la stima da parte dei cosiddetti “esperti” (per ogni sciagura ce ne sono: in genere trattasi di poveri idioti, emotivamente ignoranti allo stato primitivo, che non sanno proprio nulla sull’argomento, ma che sono sempre pronti a dar fiato a qualsiasi genere di stupidità, naturalmente se ben retribuiti per farlo).

150 miliardi di dollari? Chiedetelo ai delfini che inalano le sostanze irritanti presenti nella pellicola oleosa che ricopre il loro mare, avvelenandosi irrimediabilmente: vi diranno che no, non c’è prezzo.
Chiedetelo alle tartarughe marine, che conservano anche per voi le tracce profonde della saggezza del Pianeta; risalgono dagli abissi per vedere la luce del sole e vengono avvolte mortalmente dall’abbraccio della vostra merda galleggiante: vi diranno che no, non c’è prezzo.
Domandatelo agli alligatori del grande Fiume, agli uccelli delle paludi, ai pesci, ai crostacei, persino alle alghe… tutti esseri viventi ben più sapienti di quanto lo possa essere il più saggio del genere degli omuncoli: ognuno risponderà che non c’è prezzo per il risarcimento.

Anzi sì, uno ce ne sarebbe: che la specie subumana – quella che oggi governa le sorti di quest’angolo di Universo, quella geneticamente prona all’ideologia della mercificazione del tutto e ad ogni costo – scompaia finalmente per autodistruzione dalla faccia della Terra. Il prima possibile.

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