mercoledì 5 maggio 2010

People of Europe, rise up!







Mi ha molto colpito l’immagine di ieri di quel grande striscione bianco con una scritta rossa, issato sull’Acropoli di Atene, capitale di quella Grecia portata sul baratro del tracollo economico. Si tratta di un invito: “Peoples of Europe, rise up!”. Ossia: “Popoli d’Europa, sollevatevi!”. È il grido più che legittimo per una rinnovata presa di coscienza dei diritti dei più deboli. Che, per la maggior parte, anche da noi, non hanno ancora capito quale sia la causa di questa crisi che si ritrovano a dover pagare. Chi sono davvero i responsabili di questo stato di cose? Chi ha fatto carte false mettendo sul lastrico milioni di famiglie pur di arricchirsi in una maniera che nemmeno riusciamo ad immaginare? Questo occorrerebbe spiegare alla gente da tutti i pulpiti a disposizione: “Rialzate la testa!”, “Mettetevi dritti!” e persino: “Risorgete!”.

Sì, perché – ed è questo il motivo della mia forte impressione – “to rise” è il verbo che la traduzione anglofona del Nuovo Testamento sceglie per indicare la resurrezione di Gesù. “He is not here, for he has risen…”, “Non è qui, è risorto…” (Mt 28,6): sono le parole che San Matteo mette in bocca all’angelo che il mattino di Pasqua accoglie le donne al sepolcro. E non sembri irriguardoso accostare l’immagine del Risorto alla speranza di riscatto della stragrande maggioranza della popolazione mondiale. Chiunque non si sia fermato al catechismo della prima comunione, e conosce non per sentito dire la vicenda umana di Gesù di Nazareth, non farà fatica a cogliervi l’opzione assoluta per i più poveri, la sua passione radicale per i piccoli, fino alla identificazione con gli ultimi fra gli ultimi, divenendo nella morte di croce icona stessa di tutti i calpestati dai poteri di tutti i tempi e di tutte le latitudini. E dunque, di che scandalizzarci?

Scandalosa appare invece una concezione semplicemente “culturale” della proposta cristiana, quella che si arrocca sui temi delle “radici”, facendosi paladina della cosiddetta "identità" e dei crocifissi di gesso appesi ai muri delle aule scolastiche di uno Stato laico; e che, d’altro canto, non si vergogna di respingere, sgomberare, umiliare la povera gente. Scandalosa, questa sì, risulta la strumentalizzazione sfacciata che si fa dei segni del cristianesimo a scopo di consenso elettorale. E inaccettabile è piuttosto certo spiritualismo intraecclesiale, quello che gradirebbe ancora fedeli proni e devoti come negli anni cinquanta del secolo scorso, perennemente alle prese con la propria toeletta spirituale, e che sdogana l’evangelo, spacciandolo per una sorta di moralistico vademecum ad uso personale finalizzato alla salvezza eterna della propria anima, negandogli qualsiasi valenza di umanizzazione e riscatto sociale nel qui ed ora.

Tant’è. Dello Spirito del Risorto il credente sa che è assolutamente libero e soffia dove vuole, e che nessuno, ma proprio nessuno, può dire da dove venga e dove vada. (2Cor 3,17; Gv 3,8). Così - fatte salve le intenzioni dei manifestanti ateniesi - m’è parso di scorgerne la brezza leggera, nel cielo greco di ieri sopra il Partenone.

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