domenica 9 novembre 2014

La fine dell'estate di pioggia

La fine dell’estate di pioggia ci lascia attoniti per la notizia dei giovani morti. Perché chi muore è pur sempre troppo giovane per morire, e altro tempo vorremmo gli venisse concesso – ma a noi soprattutto –  per una parola che manca al discorso, per un saluto perduto lungo la strada, per un sorriso rimastoci in bocca. Altro tempo, quel tempo che non vogliamo imparare a pesare, altro ne vorremmo, quando invece ci resta soltanto quello del rimpianto e del cordoglio. “Insegnaci a contare i nostri giorni …”.
Quaggiù  la notizia funesta spezza l’aria umida del pomeriggio festivo, pigro come i gelati lasciati a squagliare sulle passeggiate e gli avventori intenti al gioco ai tavoli esterni dei bar. Caduti sul monte, dal filo d’equilibrio della cresta, nell’ultimo sforzo prima della vetta. Caduti forse per poca luce, forse per troppa fretta. Caduti nell’attimo di una presa mancata, lassù, il tempo di un pensiero, l’istante di uno spavento, di un grido che squarcia il cielo pallido e ferma il cuore, frangendo il silenzio e la nube.
Il resto sono braccia, il resto sono occhi. Che la morte è sì di chi muore ma è per chi resta. È la fila degli abbracci di giovani amici che cinge le spalle dei sopravvissuti al dolore, pianto di adolescenti stretti attorno a una fossa. Più di tutto commuove questa verde resistenza alla morte, questo darsi coraggio e forza, senza saper dove attingerne. Più d’ogni altra cosa fanno male e consolano questi corpi acerbi e dolenti che si dicono vicinanza e sostegno.
La vita va oltre, è questo che dicono. In tutti i modi che sappiamo e per vie che sotto la vastità del cielo non intravvediamo. Per uno che cade c’è chi si rialza e riprende il cammino. Domani è già qui. La vita resiste. Deve.

***

2 commenti:

Elena ha detto...

Quali giovani morti? dove? quando? Non lo so e mi dispiace.
Elena

Francesca ha detto...

Grazie Giorgio per questa tua riflessione, così dolcemente, profondamente, dolente.
Francesca