giovedì 23 dicembre 2010

Tu da che parte stai?

















“Perché crescono i capelli?” si chiede fra le altre cose Claudio Baglioni in una sua bella canzone di qualche anno fa. E perché cresce la barba? – domando io. Ne farei volentieri a meno, anche se diverse primavere or sono provai a coltivarla, con scarsissimo successo su tutti i fronti.
Nel tempo mi sono convinto di star meglio senza (in tutti i sensi) e della necessità di rispettare alcune regolette in merito alla ordinaria gestione dell’indesiderato vello.
Numero uno: non farsi mai la barba di pomeriggio e tanto meno la sera (ma questa, forse, è norma condivisa dalla maggior parte degli irsuti maschietti): a quelle ore del giorno la barba è di consistenza parecchio più legnosa che al risveglio.
Numero due: non farsi la barba il secondo giorno dall’ultimo intervento, quando il pelo è ancora troppo corto e poco flessibile per poter essere tagliato senza rischi di scorticature fastidiose; preferire quindi la rasatura quotidiana, tagliando il peluzzo appena butta la testa fuori o dargli aria sino al terzo o quarto giorno.
Regola numero tre: evitare per quel che mi riguarda la rasatura elettrica: soprattutto nella zona del collo difficilmente potrei sperare di ottenere risultati decenti considerando la materia prima.

Insomma, s’è capito che madre natura (o semplicemente mia madre) deve avermi lasciato in dote una barba fra le più ostinate, difficile da soggiogare; e che la condizione mattutina del sottoscritto, con il viso cosparso di schiuma gel davanti allo specchio del bagno, nulla ha a che spartire con le icone proposte dalla pubblicità del settore, dove suadenti narcisi dal gesto soave fanno scomparire barbette leggiadre nel tentativo di decantare le insuperabili virtù dell’ultimo rasoio tetra-lama.

Il punto è che queste benedette lamette costano un occhio, tanto che per Natale quasi quasi ne chiedo in dono una scorta semestrale a gesubambino (pare infatti che babbo natale non sappia dove andarsele a cercare, poco avvezzo com’è alla diurna opera depilatoria della maggior parte di noi comuni mortali. Mal che vada, chiederò alla befana, che a occhio e croce qualche problemino di irsutismo sembrerebbe averlo).
Una confezione da dieci (lamette, intendo) l’altro giorno l’ho pagata sedici euro e cinquanta. Se si considera che la medesima lama può tener testa alla mia barba pugnace per non più di due round, alla fine del mese è un bel gruzzoletto che se ne va per un’incombenza di cui – come detto – farei volentieri a meno.

Naturalmente le aziende produttrici di tali generi di conforto, se solo lo volessero, saprebbero come cavar fuori dal cilindro la lama indistruttibile, quella a prova di indistruttibile barba. Ma in barba alla metà del genere umano e per la gioia dei loro amministratori delegati, continuano a ritenere che sia molto meglio andare avanti con l’usa e getta. L’alternativa sarebbe tornare al vecchio rasoio da barbiere, affilandolo al cuoio quando sia necessario, ma l’idea di doverlo maneggiare su zone così delicate un tantino mi inquieta.

E allora va da sé che l'umilissima lametta, soprattutto di questi tempi, sia diventata merce di pregio. Tanto che sugli scaffali degli ipermercati viene ormai custodita sotto chiave in robusti scatolotti antitaccheggio, onde evitare indebite appropriazioni.

E così, mentre la pazientissima cassiera traffica non poco per liberare la confezione del prodotto dall’ingombrante armatura scaccia–ladri, digitando il codice del bancomat ancora una volta mi sovvengono i versi di una canzone di cui non ricordo il titolo. Quella in cui Francesco De Gregori pone un’altra domanda (ma quante domande fanno le canzoni!), stavolta però decisiva:

“Tu da che parte stai?
Stai dalla parte di chi ruba nei supermercati?
O di chi li ha costruiti rubando?”.

Buon Natale.

***

Nessun commento: