mercoledì 16 dicembre 2009

Il sangue del signor B











Il sangue mi rabbuia. Più che spaventarmi mi rattrista profondamente. Quello dei vinti e quello dei vincitori. Quello dei poveri e quello dei ricchi. Per la comune condizione umana, ho sempre compassione di chi sanguina, nel corpo e nello spirito. Ne ho anche del signor B. La nutro a motivo della prima forma di schiavitù che tutti ci attanaglia, quella di non riuscire a trovare una buona volta pace in noi stessi, immaginando che per ottenerla sia necessario sempre più prestigio, sempre più potere, più cose da possedere, maggior visibilità in cui specchiarsi.

Detto questo, credo che persino dopo il fatto grave di cui è stato vittima il signor B, posta la necessaria condanna dell’inaccettabile gesto, sia oltremodo doveroso vigilare sull’uso delle parole e sulla manipolazione delle emozioni che anche in questo caso viene fatta dai mass media. Niente di più facile che santificare il signor B e delegittimare, accusandolo di istigazione alla violenza, chiunque tenti di opporre il lume della ragione alla melassa del sentimentalismo. Il signor B, salvo conversioni dell’ultima ora, è sempre lui, con qualche dente in meno, uno sbrego mascellare, ma è quello che conosciamo. E i suoi oppositori non sono diventati improvvisamente tutti attentatori per via di un signor Tartaglia qualsiasi.

Che per i miei sconosciuti vicini di tavolo, oggi, mentre solo soletto mangiavo un boccone in un fast food, sarebbe stato da abbandonare alla folla azzurra e inferocita di piazza Duomo.
Questo fa paura: il non saper contare fino a dieci prima di parlare, l’ignoranza mista a faziosità, così pesantemente cavalcata da troppo tempo ormai da parte di certuni esponenti politici della destra ed entrata nell’ordinario modo di pensare di tanta parte della popolazione italiana, soprattutto qui al nord. È l’ignoranza impudica di chi “inorridisce per un po’ di sangue, ma poi è per la sedia elettrica”.

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