mercoledì 30 settembre 2009

Becchi


















Gli umani hanno il becco. Un becco tagliente. Messi in fila fanno metri e metri di insopprimibile becco. Senza scomodare Lombroso, i Becchi – nel senso di bipedi di genere maschile e femminile particolarmente dotati di becco – si riconoscono facilmente. Naso adunco e mandibola basculante sono caratteristiche fisiognomiche pressoché costanti.

Il Becco classico parla (male) degli altri perché non osa parlare con se stesso. I figli sporchi e maleducati sono quelli altrui. I mariti ubriaconi e poco di buono aprono immancabilmente le porte di case vicine. Dotato di masseteri formidabili, per il Becco tutto è commestibile, basta beccare a destra e a manca.

Il Becco dà mostra di sapere tutto, quando in realtà non sa nulla. Gli basta presumere, ha bisogno di immaginazione. Così la lingua del becco “batte sul tamburo”, “insiste nella maldicenza” – cantavano Lee Master e De André – figurandosi che un nano sia sempre una carogna per il solo fatto di avere il cuore “troppo vicino al buco del culo”.
Soprattutto al Becco non importa della fatica delle persone, il dolore del prossimo non intende sfiorarlo nemmeno con un dito. Discorre del male altrui solo per esorcizzarlo, crogiuolandosi nella falsa percezione d’essere lontano anni luce da simili nefaste possibilità.

Se poi il Becco è cattolico e persino devoto, allora non c’è storia: si tratta di un SuperBecco.
Il tuo matrimonio è in crisi? Il Becco prende nota.
Il sacro talamo incomincia a scricchiolare? Il Becco passa parola.
Se poi frana irreparabilmente, il Becco è una mitraglia.
Se in un giorno di sole tiepido ti azzardi a portare a spasso in carrozzina tua madre costretta ancor giovane in un letto da dura malattia, il Becco immancabilmente passa di lì e scuotendo il capo si allontana.
E se tua figlia di appena vent’anni rimane incinta fuori dal matrimonio canonico, il Catto-Becco, calzati i tacchi migliori, non mancherà di farne oggetto di meditazione accurata durante la processione della patrona, passeggiando a braccetto col Becco del cuore. E tra il salmodiare peripatetico del serpentone, nemmeno per un secondo darà tregua alle proprie articolazioni temporo-mandibolari.
Insomma, le (presunte) disgrazie del vicino offrono argomenti capaci di intrattenere due bei Becchi per un’intera serata. Non conta il luogo, e il tempo si dilata.

Se poi i Becchi riuniti in assise sono tre… per tutte le papere!
Oltre tale numero di solito però non si va. Un po’ perché andare a braccetto in quattro o cinque a ridosso del pio baldacchino risulta piuttosto complicato persino per i Becchi; e poi perché i Becchi hanno bisogno di spartirsi il becchime fra pochi. Inscenando una improbabile particolare complicità per il proprio interlocutore di turno, si esprimono con frasi del tipo: “Lo dico a te, ma non dirlo a nessuno!”. E poco conta se i Becchi in questione sanno di aver già riferito e di aver già saputo: la novità vera non è la notizia ma l’imbeccata.
Così, poveri Becchi mai a corto di argomenti, li vedi tubare per ore, come tortore in amore, scambiandosi ripetutamente, di becco in becco, il bolo dolciastro del pettegolezzo.

Dite la verità: che mondo mai sarebbe senza i Becchi? Una noia mortale dover badare prima di tutto al proprio di marito o (soltanto per par condicio) alla propria di moglie.
Facciamocene una ragione: quella del Becco è prima di tutto una missione. Incuranti dell’antico adagio che ammonisce che chi di becco ferisce di becco perisce, affrontano ostilità e incomprensioni senza batter ciglio, anzi becco. Becchi si nasce e Becchi si muore. E i veri Becchi beccheranno certo anche da morti.

In memoria di tutti i Becchi del mondo caduti sul campo, chiudo il becco per un minuto di sincero raccoglimento.

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