venerdì 12 giugno 2009

Al di là dei vetri braccia d'alberi

Il 12 giugno di dieci anni fa era un sabato di festa a motivo della ordinazione presbiterale di un amico. Addirittura i preti novelli erano due e il paese era in fermentazione da giorni.
Tutto era pronto nella mattina assolata a ricevere i neoconsacrati.
Fu lì che morì mia nonna Maria Arlati, classe 1905.

“Sono la gioia e il dolore che si abbracciano”, mi disse l’amico prete.
Succede sempre così. Ed è il bello del gioco.

Se ne andava in fretta, senza il tempo di salutare: un’ora prima di lasciarci stava benissimo, al rientro dal duomo non c’era già più.

Era una donna fortissima. A novant’anni aveva rotto un femore cadendo in casa. In genere gli anziani non si riprendono da una situazione del genere. Lei invece, pochi giorni dopo l’intervento, era già in piedi. Le avevano prescritto un bastone che non usava: anziché appoggiarvisi, lo portava a spasso.

Era passata per due guerre mondiali, un lavoro in filanda già a nove anni. Poi la famiglia, i campi, la casa, i figli. Non mi ricordo di averla mai vista arrabbiata.

Ne aveva viste così tante fra bombardamenti e miseria, da non temere più nulla. Aveva una rara forza di spirito.
Per questo le vicine facevano riferimento a lei se qualcuna doveva partorire, e poco cambiava se la puerpera fosse di razza umana o bovina. D'altro canto le famiglie che avevano un lutto in casa la chiamavano per vestire il morto.
Come quella volta che dovevano accomodare nella cassa “la Velada”, che in vita doveva essere talmente curva da far fatica a guardare negli occhi chi le stesse di fronte. Se dunque nel feretro provavano ad allungarle le gambe, la poveretta si metteva seduta; se l’adagiavano sulla schiena buttava i piedi al soffitto. Che fare dunque? La nonna ebbe un’idea: chiese a un’aiutante di mettersi dalla parte dei piedi tenendoli ben fermi, mentre lei andava ad armeggiare attorno alle spalle della defunta. Uno, due e tre… crack! La Velada era sistemata per l'ultimo viaggio che meglio non si sarebbe potuto.

Negli ultimi tempi nonna Maria mi scambiava per mio padre, cioè per suo figlio. Si preoccupava che mangiassi, che dovessi spostarmi con l'auto di sera e mi chiedeva di non rientrare tardi, per quanto non abitassimo nello stesso appartamento, anche se vicini. Se il viaggio era un po' più lungo e non prevedeva rientri immediati, arrivato a destinazione la chiamavo e lei tirava un sospiro di sollievo, quasi fossi tornato dal fronte.

Una volta mi raccontò un bel sogno. Un sogno di passeri, di uova appena schiuse e lei ad arrampicarsi sull’albero per sfamare a polenta e latte i piccoli che reclamavano cibo.
Questo era la nonna Maria. Ci metteva le mani. Aiutava a nascere, aiutava a morire. Aiutava a vivere.

Qualche tempo dopo la sua morte scrissi questo testo insieme a una musica:



Novecento

Mi lasciasti il vuoto di una seggiola
e parole che non so dipingere
Il rintocco sordo della pendola
e la radio muta sul comò.
Sei salita in fretta su una nuvola
amica dei passeri a sfamarne i piccoli
Tu da una gabbietta sei volata via
guardo il cielo e non ti vedo più.

Furon giorni lenti, lune immobili
un migrare placido di allodole
Al là dei vetri braccia d’alberi
e un sogno di piume fatto cenere.
Mi credesti figlio e ora sanguino
fra le mura memori dei tuoi passi flebili
Io che gli assomiglio non dimentico
quella tua maniera di sorridere.

Parte il Novecento, fame e incudine
ossa rotte, falce, fuoco e musica
Passò come un vento e oltre il turbine
lasciò qui un’attesa di occhi e polvere.
Ti fu casa e specchio questo secolo
che ti udì sorridere, ti spiò combattere
Fonte acqua e secchio, tabernacolo
mani giunte ed occhi custodì per te
per me.

E tu adesso corri su una nuvola –
ali come gli angeli ad accudirne i piccoli
I tuoi occhi azzurri son volati via:
guardo il cielo
e il cielo è un po’ più blu.












“Hai paura della morte?”, le chiedevo qualche volta.
“Paura? Sari su i occ e dormi…” – sorrideva.
Chiudo gli occhi e dormo.



***

2 commenti:

S@i£0rm00nn ha detto...

Mi sono commossa da morire!!!!
E' la prima volta che capito qui..ci sono capitata seguendo la scia dei monaci tibetani su google e poi ho voluto vedere cosa avevi scritto nell'ultimo post e....bhe-....volevo dirti che sei proprio la gran bella persona che mi eri sembrata leggendo i tuoi post di un anno fa che trattavano l'orrore della birmania e dei monaci buddhisti....Proprio una gran bella persona, veramente! Una di quelle persone che mi piacerebbe avere attorno nella mia vita reale...ma ce ne fosse una cosi'!!!...Per questo mi sto avvicinando alla cultura buddhista e sto programmandomi una giornata al monastero di roma....
Ecco, volevo solo dirti questo :)
Non Cambiare!
:)
Baci

paola ha detto...

...commossa anch'io..e tanto contenta di "averti attorno nella mia vita reale"
Paola