venerdì 27 aprile 2007

Esportazione di democrazia

Ho sempre preferito i libri, non sono esperto di videogames. L'ultima volta che ci ho giocato è stato con il tennis dell'Atari. Preistoria. Non saprei dire se il filmato che vi chiedo di guardare sino in fondo sia una sorta di rendering ottenuto da un'animazione virtuale, la demo dell'ultimo titolo da far girare su xBox o PS3. Per la verità spero che sia così.

Certo è che dalla cabina di regia di questa operazione, tutto sembra filare liscio come l'olio: un lavoro da manuale, una missione da compiere, ordini cui obbedire ciecamente. Ci sono obiettivi da raggiungere con precisione, formiche in preda al panico da incenerire pigiando un bottone. Il tutto senza un rumore che non sia quello dei motori di bordo, senza un lamento, una richiesta di soccorso.

Mia mamma, che non c'è più, ricordava ogni tanto di quando s'era trovata sotto un bombardamento aereo, verso la fine del '44. Aveva nove anni e se ne stava tornando a casa dopo la scuola, da Vimercate a Oreno. Camminava con altre persone sul ciglio della strada, quando ci fu il primo attacco: un enorme boato, con la gente che scappava o si buttava a terra, nei fossi; e altri botti giganteschi di seguito e tutti a gridare, nell'idioma locale: "Bumbàrden, bumbàrden!". Tutti tranne lei che invece di correre se ne stava impietrita, a chiedersi che cosa volesse dire quella parola mai sentita proferire prima di allora.

Si muore così sotto le bombe, senza nemmeno sapere il perché, senza capire da che parte ci arrivi la morte. Chi può escludere che nel gruppo piuttosto nutrito di persone che camminano per strada e che - secondo una classica, asettica espressione del vocabolario militare - saranno di lì a pochi secondi "eliminate", chi può dire che non vi siano madri, padri, mariti, mogli, figli, amici? E qualora vi fossero anche "soltanto" soldati, che ne sanno delle loro storie umane quegli ufficiali che si scambiano i complimenti per il "bel colpo" assestato al cosiddetto nemico? Sanno essi che quei soldati a casa sono attesi da altrettante madri, padri, mogli, figli?

Stento a crederci: la voce di qualcuno raccomanda con insistenza al sottoposto incaricato della mattanza che il rettangolo sacro della moschea venga risparmiato, mentre non batte ciglio nel dare l'autorizzazione a devastare in un solo colpo la sacralità di tutto ciò che respira e si muove.

In verità, quel giorno del '44, sotto la pioggia improvvisa di fuoco, buttato in un fosso insieme a mia madre, c'ero anch'io. C'era un pezzetto di me nel suo cuore improvvisamente impazzito, nella corsa frenetica del suo sangue, in un ovulo acerbo nascosto nel buio profondo del suo ventre prepuberale, raggiunto da una overdose di adrenalina. Ed ho avuto paura, una paura tremenda. Da lì forse mi nasce ogni volta la rabbia e la protesta di fronte a tanta oscenità.

E c'è un pezzo di me, un pezzo di tutti voi - nella misura in cui ci batte nel petto un cuore di carne - nel sangue versato, nell'invocazione inascoltata, nella pietà negata. Ce ne andiamo un po' anche noi, sotto i bagliori omicidi di questo improbabile videogioco: se ne va la nostra civiltà, la nostra democrazia, la nostra religione. La nostra speranza. E per ogni morte violenta piovuta sulla povera gente di tutti i fronti e di tutte le parti, a tutte le latitudini del dolore del mondo, alla fine - che lo sappiamo oppure no - ci ritroviamo tutti più poveri, più stanchi, più soli.

3 commenti:

hinoki84 ha detto...

...l'esperto di videogames afferma che tutto quanto è troppo reale per essere stipato su un supporto DVD pronto al gioco.
E se il problema si fermasse qui saremmo tutti a posto . . . invece no.
Mi domando sempre di più se sia giusto o meno rendere disponibili filmati del genere sulla rete, come anche quelli dell'esecuzione degli "infedeli occidentali" da parte di frange estremiste legate al terrorismo (ho il vizio di guardare sempre anche dall'altra parte).
Si sente sempre questo gran bisogno di verità, voglia di sapere come stanno le cose, vedere sotto sotto che cosa accade veramente in queste guerre, andando oltre le rivendicazioni con il Corano in mano e le parate sulle portaerei.
A volte però troppe verità saltano fuori, e non si sa più da che parte stare.
Se stai con chi prende la mira sei a favore della guerra, e quindi portatore di morte; se stai con chi innesta il caricatore dell'AK47 (il Kalashnikov per intenderci) sei un terrorista, e quindi portatore di morte.
Dovrei nominare anche gli innocenti, ma dato che si trovano da tutte due le parti tengo buono un "pareggio".
Dei nonni che mi guardano dal Cielo, uno ha fatto il partigiano lottando contro i nazisti, un altro si è fatto 7 anni in Sicilia aspettando gli americani.
La partita è iniziata tanto tempo fa, e nonostante le pause, non è ancora finita.

Giorgio Crespi ha detto...

Non è questione di stare dalla parte delle portaerei o dei tagliagole. Se si tratta di scegliere, occorre stare dalla parte dei più deboli, degli indifesi, dei piccoli.
A dire il vero questa gran "voglia di sapere come stanno le cose, di vedere sotto sotto che cosa accade veramente in queste guerre" è un prurito che non mi appartiene: ci vuol poco per sapere che cosa sia una guerra, basta aprire un manuale di storia e scorrere anche soltanto sommariamente le statistiche: morte e distruzione ovunque, pena per i vinti e per i "vincitori". Se mi sono permesso di rilanciare un filmato del genere è perchè i libri di storia li lasciamo in genere ad ammuffire sugli scaffali delle biblioteche e l'informazione dei grandi media sui conflitti in atto trova spazio (quando lo trova) dopo vallettopoli e il grande fratello.
E' necessario immedesimarsi con le vittime "di tutte le parti". Non capisco perchè a fronte di un atto di denuncia di una violenza palese, si debba correre subito ad invocare una sorta di par condicio: vittime ce ne sono anche sull'altro fronte. E chi lo nega? Sangue è sangue, violenza è violenza, morte è morte, sempre e dapperutto. Ma che ci siano sequestri e decapitazioni, giustifica forse un bombardamento aereo su gente che magari non c'entra nulla?
E' questione di cambiare punto di vista: provare a stare nei panni delle vittime, a condividere il dolore che la violenza e la guerra portano sempre con sè, a metterci noi sotto le bombe.
Ne potrebbe seguire una vera e propria conversione: "Mai più la guerra, avventura senza ritorno" e non sono le parole di un antiamericano fazioso.

hinoki84 ha detto...

La mia replica si fa sentire in ritardo, ma questa volta la colpa non è del poco tempo o della poca voglia, bensì del lungo ragionare sulle tue parole...e mi sono davvero serviti carta e penna, per annotare ogni giorno qualche piccola riga, che alla fine avrebbe composto il mio pensiero.

Più mi sforzo di cercare per l'equilibrio fra le parti, più i media mi traggono in inganno, facendo vedere sempre e solo ciò che "conviene".
Le guerre in Iraq e Afghanistan continuano ad "elencare" caduti e vittime, e noi ci vantiamo di aver fatto un film sui morti di Nassiriya, con tanto di servizi alla TV e recensioni compiacenti della critica.
Allora mi devo arrangiare con i mezzi "fai da te", ovvero andare io alla ricerca dell'informazione.

Sono testardo lo so, cerco sempre il compromesso a tutto, ma se continuiamo a percorrere una sola strada non arriveremo mai lontano.

Se ci schieriamo sempre dalla parte delle vittime non commettiamo uno sbaglio - probabilmente facciamo la cosa giusta - ma se non guardiamo anche solo un istante con gli occhi del soldato al fronte, del generale al centro di comando, del presidente alla guida della nazione, non capiremo mai i reali interessi che ci sono dietro ad una guerra.
Nessuna sete di potere (ce ne già abbastanza), pochi odi razziali, niente a che vedere con la religione, solo uno squallido mezzo (la guerra) per raggiungere fini economici e - perchè no - soddisfare un bisogno personale.

Tanto per citare alcune esemplificazioni di quest'ultima considerazione, il vecchio presidente Bush commise l'errore più grande della sua vita fermandosi alle prote di Baghdad credendo di aver vinto; il Bush di oggi continua questa guerra seguendo le orme del padre, commettendo gli stessi fatali errori fermandosi alla condanna di Saddam, credendo di aver vinto.
Non vi è esempio più limpido di quanto le questioni personali di pochi potenti mettano in ginocchio intere nazioni...e qui non stiamo parlando di un Paese in cui vi è una dittatura, ma del Paese Democratico per eccellenza.

Se poi diamo un'occhiata alle vere dittature...gli occhi è meglio chiuderli.

Con questo non voglio dire che se viste dal punto di vista di chi la guerra l'ha iniziata le cose cambiano e diventa giusto bombardare sui civili, dico solo che per capire le cause di un male dobbiamo vedere da cosa viene scatenato, che cosa spinge uomoni a combattere contro altri uomini.

Qui da noi in Italia si chiede a gran voce il ritiro delle truppe dall'Iraq, ma per la missione in Libano tutto è andato liscio, e nessuna bandiera della pace è stata esposta (se non per qualche secondo...giusto il tempo di dare il contentino).

Ci dichiariamo un Paese pacifista, ma ai tempi della guerra in Kosovo i nostri caccia non hanno esistato un minuto di più ad alzarsi in volo...ed erano altri tempi, altre persone, altri colori, ma sempre la stessa cosa: guerra.

Le contraddizioni sono davvero tante...e in questo caos generale sono forse uno dei pochi che cerca un giustificato motivo per cui è giusto combattere: se alla fine non troverò nulla sarà solo un bene, ma se non cerco non lo saprò mai.