Sotto un cielo di nuvole e sole un giovane uomo dalla pelle
scura cammina sul ciglio della statale che taglia in due la zona industriale. Ha uno zaino di poche cose sulle spalle e pensieri a passo d’uomo, in
questo traffico che avanti e indietro sembra non conoscere sosta né pudore.
Certe volte mi domando come facciano gli arbusti spontanei
cresciuti appena oltre il fosso. O certi alberelli esausti messi a dimora nelle aiuole polverose delle rotatorie a sopportare il persistente frastuono e i continui
spostamenti d’aria malata. O le ingenue famigliole di papaveri, cui maggio, anziché
l’abbraccio di un campo di grano che matura quieto, ha riservato la morsa ininterrotta
di una carreggiata.
Guidando piano, scruto le macchie rosse di papaveri in avvicinamento: fanno parte
della segnaletica stradale, ultime indicazioni di Via della Bellezza, disperate
sentinelle sull’orlo del precipizio, messe lì a scongiurare la nostalgia dei passanti,
che si fermino, almeno per uno sguardo.
Il giovane uomo dalla pelle scura adesso ha un papavero in bocca. Battendo le fabbriche per un lavoro a ore, ha appena sorriso di fronte all’ennesima porta subito richiusa. Nel tempo dello spread, ferocia di clacson reclama che passi oltre veloce, voracità di occhiate lo vorrebbe invisibile o altrove.
Procedendo in direzione opposta, nella fiumana dei motori urlanti, gli passo accanto con gli occhi. Chissà dov’è sua madre – penso. Chissà come lo vide quand'era bambino. E chissà se ancora lo vede, socchiudendo le palpebre. Perché si può vedere anche senza guardare, mentre il più delle volte si guarda, ma senza vedere. È questione di sguardi.
Il giovane uomo mi sfila a lato, la linea del collo un po’ flessa, come il gambo del fiore che stringe tra le labbra. Improvvisa riconosco la spinta umida che mi sorprende gli occhi, inattesa come l'onda che scompiglia la bonaccia marina.
Per singolare coincidenza la radio inizia a mandare una
bella canzone di qualche anno fa. Dice che “Depende: de segùn como se mire todo
depende”. Tutto dipende dagli occhi.
Canticchiando il motivo, i miei ora si attardano a mangiare papaveri.
Canticchiando il motivo, i miei ora si attardano a mangiare papaveri.
***
3 commenti:
rileggendo...) guardate i papaveri sul bordo delle strade...
nemmeno Salomone...
grazie
buona festa di Pentecoste
giovanni
Bella riflessione che condivido.
Complimenti per la bellezza dei pensieri che condivido con
piacere e per la efficacia della scrittura che ammiro. Grazie!
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