lunedì 9 novembre 2009

Crocifissi



Il video è del 2001, la barbarie quella di sempre. Tratto da un documentario di Fabrizio Lazzaretti e Alberto Vendemmiati che racconta le attività di Emergency in Afghanistan da settembre a dicembre 2001, lo spezzone documenta il dramma dei bambini, vittime innocenti della guerra afghana, icone viventi del dolore di tutte le guerre.
I piccoli giocano, si imbattono in quelli che sembrano giocattolini luccicanti di fabbricazione occidentale, che subito gli esplodono fra le mani o sotto i piedi. In un momento saltano dita, gambe, occhi… Pure noi non abbiamo mai occhi per vedere. La guerra ci appare sempre così lontana. Il ministro La Russa gira per le televisioni ultimamente tessendo elogi ai militari presenti in Afghanistan: manterrebbero lontano il terrorismo dalle nostre città. E questi piccoli, ministro? Chi li difende dagli ordigni prodotti dalle nostre fabbriche d’armi? Chi salvaguarda i loro giochi dalle nostre banche che in tali prodotti investono, vendendo ai loro clienti “titoli in cui conta semplicemente il rendimento indipendentemente dal contenuto”? Pecunia non olet e le vittime di questo pensiero feroce saranno sempre considerate effetti collaterali alle necessità violente dell’ideologia imperante.

Le nostrane casalinghe di Voghera, ingrassate a fiction e reality show, ma pur sempre spose e madri, che cosa direbbero se un bel giorno, anziché i palestrati pomeridiani della De Filippi, si vedessero comparire sul piccolo schermo questi cinque minuti di filmato? Se soltanto per un momento potessero mettersi nei panni di quella mamma che scruta gli occhi perduti del proprio bambino? Forse nascerebbero sentimenti di compassione e inizierebbero a crollare i muri dell’ignoranza e dell’indifferenza. In questo modo il sistema mostruoso che alimenta la vergogna dei bambini ammazzati inizierebbe ad avere paura.

Ma tant’è. Quali innumeri impenitenti santommaso, finché non sentiamo i lamenti, sino a quando non vediamo le ferite, neppure crediamo che guerra voglia dire tutto ciò. Immaginare che i tratti di quei bambini siano quelli di nostro figlio, ecco che cosa occorre. Non è solo un buon esercizio per alimentare la compassione: in verità è così: quello che piange sul lettino è figlio mio, figlio tuo, figlio nostro. Figlio di una umanità che pretende di vivere da subito fuori dalle logiche dell’interesse e della menzogna.

In questi giorni ci dicono che, in quanto cristiani, dovremmo “alzare la voce” contro coloro che vorrebbero far sparire i crocifissi dalle pareti delle aule della scuola pubblica. Attendiamo con impazienza di essere altrettanto esplicitamente ed inequivocabilmente sollecitati a farlo contro quanti perpetrano delitti orrendi a danno di innumerevoli crocifissi di cui in genere nessuno si occupa.

***

http://www.emergency.it
Per sostenere Emergency:
c/c bancario intestato a:
EMERGENCY Ong Onlus
IBAN IT 02 X 05018 01600 000000130130
presso Banca Etica, Filiale di Milano

Via Paypal:
http://www.emergency.it/paypal/

***

3 commenti:

Angela ha detto...

Quanto cuore nel tuo blog!
Grazie a te, Giorgio

Artemide ha detto...

Domenica in una chiesa ho sentito un sacerdote dire: "quell'uomo lassù, lo vedete? non è lì solo per i cristiani, o per i musulmani o per gli ebrei. quell'uomo è lì per NOI. TUTTI NOI". E se invece di ucciderci con le parole, di attribuirci dei "colori" o di contenderci una corona sporca di sangue iniziassimo a guardarlo davvero quell'uomo? GUARDARLO...
Artemide

Giorgio Crespi ha detto...

Guardare il crocifisso. Guardare i crocifissi. E' una questione di occhi. E di cuore. Perchè i primi sovente guardano ma non vedono. Il cuore invece, se messo in ballo, di solito vede nel profondo.

Credo che molte riproduzioni del crocifisso siano lì oggi solo per essere guardate senza che nessuno le veda. E la conferma è che nessuno o quasi vede i crocifissi della terra. Non soltanto i bambini afghani o sudanesi, ma anche i poveri delle nostre città, le persone sole delle nostre case.

Si inneggia al crocifisso, ma chi alza la voce contro la discriminazione nei confronti dei cittadini italiani di etnia rom, per esempio?

Comunque, Artemide, hai ragione tu. Lo sguardo verso l'"uomo dei dolori, che ben conosce il patire", ovunque egli oggi sia, ci converte sempre ad una più radicale umanità.
Grazie del tuo commento.
E grazie anche a Angela.