mercoledì 2 settembre 2009

Sul potere





















Nei vangeli c’è un filo rosso che li percorre per intero e che lega una figura selvatica come quella di Giovanni il battezzatore a Gesù di Nazareth, che alle solitudini riarse del deserto di Giuda preferì di gran lunga la convivialità dei banchetti.
All’uno e all’altro il potere dominante riserva tuttavia la medesima sorte. Guai a dir male del più forte, guai ad azzardare una modalità di relazione che trascenda quella consueta del “do ut des”. Ad osare la gratuità e a credere che la bontà sia possibile. La violenza del potente di turno, sia esso politico o religioso, economico o culturale, si abbatterà puntuale. Irrisione, diffamazione, intimidazione. Sino alla violenza fisica. La scura del potere sta sempre alla radice, pronta per essere utilizzata.

Il potere ama l’adulazione, il baciamano ostentato, la piaggieria senza ritegno. È narciso il potere e necessità di perpetuarsi nella visione beatificante che ha di se stesso. Dai sudditi richiede emulazione, che ci si faccia immagine e somiglianza della prepotenza e del sopruso. Funziona così, ovunque: abbassare la testa col più forte ed alzare la cresta con il debole. Allora si aprono le porte a carriere e favoritismi di ogni natura. Il mondo è pieno di "arrivati" di tal genere, gente pronta a tutto, capace di galleggiare ovunque.

Perché la non conformità al potere buca la stiva e manda a fondo. A Giovanni hanno dovuto chiudere la bocca servendo la sua testa su un vassoio d’argento alla vanità del mondo. Al Nazareno costò la vita la fiducia insopprimibile nella indistruttibilità dell’amore e nella verità inscritta nel DNA dell’esistenza: che la convivenza fra le persone, cioè, possa infine essere più umana perché scevra dalle ragioni del potere. Che fosse più umano resistere al potere piuttosto che accondiscendervi per timore o devozione.

Che un’umanità altra sia possibile e necessaria: questo il sogno di Gesù e di quanti con lui possono ogni giorno osare resistere alla rassegnazione dilagante, altra figlia malata partorita da ogni forma di relazione inficiata dall'isteria del potere.

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