mercoledì 21 gennaio 2009

Io sto con le vittime. Si può dire?
















Da quasi un mese questo blog non si occupa d’altro. E seguiterà a farlo e a pubblicare le immagini della distruzione e della speranza. Di fronte all’orrore di che altro si dovrebbe parlare?

Ieri l’altro, mentre in macchina ascoltavo la radio, un commentatore di un’emittente nazionale stigmatizzava la denuncia delle violenze perpetrate da Israele in queste settimane (notate bene: cattiva sarebbe la denuncia, non il crimine commesso). Arrivava persino a sostenere che quanti si siano resi “colpevoli” di un tale atteggiamento “antisemita” non potranno avere la faccia di celebrare la imminente Giornata della Memoria: tacere per la vergogna, questo sostanzialmente dovrebbero fare i difensori della causa palestinese. E lo diceva con un tono tanto sicuro e stentoreo da farti credere lì per lì che avesse ragione.
Ma se per un attimo la mente può essere ipnotizzata da questo genere di retorica politically correct, la componente vegetativa del nostro sistema nervoso si ribella e se non cambi canale dopo un po’ ti viene da vomitare.

Possibile che in questo Paese non si riesca a dare diritto di cittadinanza alla posizione di chi non fa differenze fra morti? Di chi non mette sui piatti della bilancia Gaza e la Shoa (Lerner, tu quoque!)? Ho istintivamente nutrito una assoluta repulsione per l’Olocausto, da quando in prima media il buon prof di italiano in classe ci fece leggere “La Tregua”.
Ho ruminato da allora qualche dozzina di libri sull’argomento, raccolto materiale fotografico, denunciato la possibilità che il ricordo doveroso di quegli orrori venisse oscurato non già dalla banalità di istanze negazionistiche ma semplicemente dall’ottundimento del pensiero e del cuore dei più.
Ho amato Primo Levi, Elie Wiesel, Etty Hillesum e molti altri. Perché mai, avendo pubblicamente preso le distanze da Israele in nel corso di queste orribili giornate, dovrei arrossire facendo memoria delle sue vittime cadute per la ferocia nazifascista?

L’obiezione del resto potrebbe facilmente essere ribaltata: come faranno a celebrare la Giornata della Memoria quanti nelle scorse settimane hanno giustificato l’intervento omicida di Israele su Gaza senza battere ciglio? Come la celebreranno i capi politici e militari di quel Paese, le menti pensanti della cultura ebraica, le autorità religiose che non si siano opposte, almeno con la denuncia, alla mattanza in atto?

Io sto con le vittime. Si può dire? Senza rinunciare all’analisi storica e politica – e a maggior ragione in virtù di esse – mi schiero dalla loro parte. A questo mi porta non l’asettico atteggiamento della equidistanza, bensì una più empatica “equivicinanza”, come ben scrive Tonio dell’Olio, responsabile di Libera.
Sto con le vittime delle città israeliane colpite dai razzi di Hamas. Sto con il loro dolore e con quello delle persone che le hanno amate e perdute. E naturalmente sto con la gente di Gaza, così duramente provata.
Sto con gli uccisi e i feriti di qualunque parte, di qualunque colore politico, di qualsivoglia razza o religione. In verità essi non hanno parte se non quella di essere i custodi ultimi di una umanità smarrita nella generale follia della guerra moderna.
Che è sempre omicida e criminale, persino quando a muoverla sia Israele. Come vorreste chiamarlo il bombardamento di una scuola piena di sfollati, o il tiro a bersaglio di bambini che scappano da una casa in fiamme?
Non sto con i palestinesi di Gaza per una qualche forma di odio politico nei confronti di Israele.
Non sto con i palestinesi di Gaza per simpatia verso la sinistra italiana che si raduna attorno a questo popolo, mentre la destra non ha da spendere una sola parola (una) di pietà nei suoi confronti.
Sto con Gaza perché ad essere stata ferita e uccisa laggiù è la mia stessa umanità, l’umanità di ciascuno di noi. Il pianto di quei figli è il pianto dei nostri figli, la loro paura la nostra, la disperazione delle madri e dei padri ci appartiene.
Sto con Gaza perché mi sta a cuore la vita, non ideologicamente ma concretamente. E perché credo che di fronte ad essa qualunque altro discorso debba recedere. E ovunque essa sia calpestata, infangata, mortificata, oppressa e spezzata non è lecito – questo sì non lo è – distogliere l’orecchio dal suo grido di aiuto. Se non dovendosene in ogni caso profondamente vergognare.
***

PS. A seguire uno stralcio dell’ultimo reportage per Il Manifesto di Vittorio Arrigoni da Gaza.

“La tregua è unilaterale, quindi Israele unilateralmente decide di non rispettarla. Ieri a Khan Yunis, un ragazzo palestinese ucciso e un altro ferito. A est di Gaza city elicotteri innaffiavano di bombe al fosforo bianco un quartiere residenziale. Stessa cosa si è verificata a Jabalia. Oggi, sempre a Khann Younis navi da guerra hanno cannonneggiato su uno spazio aperto, fortunatmanete senza fare feriti e mentre scrivo, arriva la notizia di un incursione di carri armati. Non ci risultano lanci di razzi palestinesi nelle ultime 24 ore. Giornalisti internazionali sciamano affamati di notizie lungo tutta la Striscia, sono riusciuti a raggiungerci solo oggi. Israele ha concesso loro il lasciapassare a mattanza finita. Quelli arrivati ancora a bombardamenti in corso, hanno seriamente rischiato di rimetterci la pelle, come mi ha raccontato Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere: soldati israeliani hanno bersagliato di proiettili l'automobile su cui viaggiava. Dinnanzi allo scheletro annerito di ciò che resta dell'ospedale Al Quds di Gaza city, un interdetto reporter della BBC mi ha chiesto come è stato possibile per l'esercito scambiare l'edificio per un covo di terroristi. "Per lo stesso motivo per cui dei bambini in fuga da un palazzo in fiamme, sono entrati nei mirini dei cecchini posti sui tetti dello stesso quartiere in cui siamo ora, cecchini che non hanno esistato a ucciderli spandendo la loro materia cerebrale sull'asfalto". Ho risposto al giornalista inglese, ancora più accigliato. E' evidente l'abisso fra noi che siamo testimoni e vittime di questo massacro, e chi ne viene a conoscienza tramite i racconti dei sopravvissuti”.

Fonte: http://guerrillaradio.iobloggo.com/

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