sabato 9 febbraio 2008

Nel silenzio di un respiro


Stamattina ci pensavo. Forse non abbiamo mai riflettuto sul fatto che normalmente noi tutti parliamo in stato di apnea, di sospensione del meccanismo della respirazione. Difficilissimo articolare parole durante l'espirazione; praticamente impossibile fare un discorso comprensibile nel bel mezzo di un'inspirazione. Fate la prova.

Quasi che la natura abbia voluto stabilire un'imposta sulla verbalizzazione, che il parlare debba avere un costo e quindi - alla lunga - risulti stancante. Si tratta in fin dei conti di contrarre muscoli, quelli respiratori e quelli più finemente legati alla fonazione, di impegnare i centri nervosi che li controllano, di connettere questi centri a quelli nei quali un pensiero prende forma e si prepara ad essere espresso. Una bella spesa energetica, non c'è che dire. Oltre a tutto fatta dovendo interrompere il respiro.

Ma noi viviamo perchè respiriamo. Senza respiro, nel giro di poche decine di secondi, il nostro cervello sarebbe ridotto a nulla e anche il fiume in piena delle infinite parole che avremmo voluto dire si arresterebbe nella gola, come nella morsa di un acquitrino. Da parte sua il tessuto muscolare può sopportare stati di anossia leggermente più lunghi, ma dopo qualche minuto va anch'esso incontro all'instaurarsi dei processi irreversibili che conducono alla necrosi.

Le tradizioni religiose orientali - ho in mente il buddhismo - fanno del respiro un caposaldo della meditazione. Per noi occidentali la parola "meditazione" è storicamente legata piuttosto ad esperienze dell'ambito razionale, un esercizio mentale dal quale trarre la morale della favola, in genere propositi di carattere etico-comportamentale che possano giovare al vivere quotidiano. Una ginnastica della mente con tutt'al più qualche connessione alla sfera emozionale, raramente o assolutamente mai a quella corporea.

Per questo ci risulta più difficile accedere alla comprensione di quanto il respiro sia fondamentale. "Respira, sei vivo!" - ammoniva il Buddha. Noi invece usiamo andare di fretta, sovente con la lingua fuori per mancanza d'aria, presi in un vortice di cose, stati d'animo e pensieri che letteralmente "tolgono il fiato". Passiamo sopra a quanto il corpo ci suggerisce, alle tensioni fisiche che sono così spesso indice di tensioni interiori. Il modo di respirare che abbiamo la dice lunga sulla nostra sfera intima.

Respirare è disporsi all'ascolto di se stessi. Ascoltare il proprio respiro è ascoltare lo spirito stesso che ci anima.
Per poterlo fare è necessario che smettiamo di parlare, lasciando cadere la pretesa insensata che l'espressione verbale delle proprie visioni del mondo sia indispensabile alla sopravvivenza stessa della specie.
Avremo così anche più tempo per praticare e via via affinare l'arte di dare ascolto alla voce degli altri, una disciplina preziosa quanto rara nel nostro mondo contemporaneo.

L'universo continua a girare, anche senza di noi. La vita sempre ci precede e ci sopravanza. Si tratta di coglierne il fiore nel momento presente, in silenzio, nella immediata essenzialità di un respiro.
***

Silenzio

Chi è capace non solo di gridare
ma anche di ascoltare, intende la risposta.
Questa risposta è il silenzio. È il silenzio eterno.

Chi è capace non solo di ascoltare,
ma anche di amare, intende questo silenzio
come la parola di Dio.

Le creature parlano con dei suoni.
La parola di Dio è silenzio.
La segreta parola d’amore di Dio
non può essere altro che silenzio.

Cristo è il silenzio di Dio.
Come non c’è albero simile alla croce,
così non c’è un’armonia come il silenzio di Dio.

Simone Weil